Da
Dolores, l'isola delle Filippine in cui vive e opera da due anni, Padre
Amelio ci scrive:
<< Cari amici, mi scuso per lo scritto
che stendo in velocità senza ponderare adeguatamente, ma in questi
ultimi due mesi sono preso per il collo dai vari lavori in più (il
container, una benedizione per i malati, per i poveri e anche per
me, ma anche un gran lavoraccio per dividere, selezionare, spostare e
rispostare scatoloni, identificando quelli che contengono materiali
facilmente deperibili), le ultime rifiniture per le sei stanze che ho
costruito al secondo piano del convento delle suore (ho messo le
mattonelle nella sala operatoria e nel mio studio). Sto poi facendo
oltre al check up ordinario uno screening per selezionare pazienti per
la Medical Mission con 8 medici specialisti provenienti dalla Sardegna
in programma dal 28 settembre all'8 ottobre; subito dopo, torno a casa.
Dimenticavo le adozioni a distanza; dimenticavo di menzionare, non di
seguire! La settimana scorsa ci sono stati i "midle term exams", per cui
soldi di qua, consigli e raccomandazioni di là. Gran lavoro ma di grande
utilità. Un grazie particolare a P. Roberto, che sento vi anima, vi
"vivifica"; un grazie a tutti voi: grazie a Francesco "cavaliere" per le
medicine, a Toni e Anna per "la spesa", grazie per la bici (non so chi
l'ha regalata), grazie Elena per i libri, grazie Paolo Marina Mara e
Michele per il vostro impegno per le adozioni e il sostentamento, grazie
per le vostre preghiere, grazie per ricordarmi per Chi lavoro, per
ricordarmi che non sono solo, che sono le vostre mani qui a Dolores.
P. Amelio, Missionario e Medico >>
Ed ecco lo scritto steso in velocità da Amelio per noi, per illustrarci
la sua attività a Dolores.
Carissimi, eccomi con qualche
informazione da Dolores. Come sapete la mia Missione si svolge
nell'isola di Samar, Filippine. E' la terza isola come grandezza; catene
montuose la occupano per lo più da nord a sud, coperte in gran parte da
foresta vergine. E' da sempre considerata un'isola ribelle. Il governo
centrale non ha investito molto in quest'isola e i suoi abitanti sono
visti con un certo sospetto dagli altri filippini. Si parla il "warai-warai"
(= niente, niente), dialetto dell'area del cebuano. Nel nord est
dell'isola, alla foce dell'omonimo fiume, c'è Dolores, municipalità di
oltre 50.000 abitanti suddivisi in 46 Barangay che si estendono dalle
isole di fronte a Dolores, su per il fiume fino alle montagne |
coperte da giungla. Al limite est della cittadina, nel lembo di sabbia
bagnato a sud dal fiume ed a est dalla baia che è parte dell'oceano
Pacifico, c'è il Mater Divinae Gratiae College, scuola che le
Suore Francescane dei Sacri Cuori con coraggio hanno costruito e stanno
reggendo; dico con coraggio perchè ce ne vuole tanto per impegnarsi a
lavorare in un posto così difficile e fuori dal mondo. Vicino alla
scuola c'è il "Sardegna Polyclinic", il mio principale luogo di
lavoro dove svolgo la mia Missione di servizio ai malati più poveri.
Suor Cherry, giovane suora francescana, riceve i pazienti, prende i dati
vitali e grossolanamente i loro sintomi. Quando viene chiamato, il
paziente va nello studio dove Fatima, l'assistente sociale, fa
l'intervista per conoscere la "realtà" di ogni paziente. Lei parla il
warai-warai, per cui può completare con più dettaglio oltre ai dati
socio-economici, i sintomi e lo "stile di vita" del malato. Alla luce di
questi dati faccio la visita medica, eventuali esami di laboratorio
disponibili, o faccio l'ecografia (grazie ad alcuni dottori della
Sardegna, da poco ho un ecografo, strumento di grande utilità).
L'anamnesi, la conoscenza degli usi (spesso abusi) e costumi locali, più
i segni clinici sono i principali mezzi che ho a disposizione per fare
diagnosi. I casi di chirurgia ambulatoriale di solito li rimando al
mercoledì, a meno che abbiano carattere d'urgenza o il paziente arrivi
da molto distante, nel qual caso opero non appena finisco di esaminare
gli altri pazienti. Segue l'educazione alla salute e la prevenzione
delle malattie: lo spiegare al paziente il meccanismo che lo ha portato
alla malattia, cosa fare per prevenire ulteriori danni. E' un lavoraccio
perchè fatto ad ogni singolo paziente, ma è il gioiello che offriamo, in
inglese, se il paziente lo capisce; se no, Fatima traduce in warai-warai.
Infine diamo le medicine, in bustine di plastica trasparenti con dentro
pure le indicazioni sulla posologia: riusciamo a coprire poco più
dell'80% delle medicine necessarie. Il tutto gratis, grazie al vostro
prezioso aiuto. A volte, se è il caso, doniamo latte o altro cibo (casi
di denutrizione), quaderni e materiale scolastico (scolari che rischiano
di
|
lasciare la
scuola), a volte vestiario, dentifrici e colluttori per i pazienti che si
impegnano a smettere di masticare il betel ("mama") e, non ultimi, giocattoli,
che fanno tornare a casa i bambini con il sorriso. Spesso il paziente necessita
di ulteriori esami o di ricovero ospedaliero: inizia il non facile lavoro di
valutazione del caso: in breve cerchiamo di stabilire se e come aiutare, a volte
anche economicamente, il paziente. Aiutarlo ad avvalersi dei mezzi di aiuto
locali (purtroppo rari), a raggiungere un centro ospedaliero competente
(quanti esami fatti per niente o senza dare al paziente il referto!),
indirizzare al medico di competenza specifica. Purtroppo potrei scrivere un
libro su come qui è difficile essere curati anche a diagnosi fatta! Il 70% dei
pazienti che vediamo sono nuovi pazienti. Ed è incredibile vedere con una certa
frequenza patologie mai viste prima o patologie ad uno stato così avanzato da
rimanere sbalorditi. Tutte le età sono rappresentate; nel primo anno i maschi
adulti erano alquanto rari, ora arrivano pazienti di tutte le età. Visto che non
posso lavorare 24 ore al giorno, rimane la difficoltà di selezionare i malati
più poveri. Molti pazienti arrivano alla notte, quindi quelli che arrivano al
mattino non trovano più posto: come selezionare i più malandati, i più poveri,
quelli che vengono da più distante? E' la "lotta continua" di ogni giorno; sono
alquanto inflessibile su questo, ma non c'è una soluzione facile. Solo un
esempio: giorni fa un paziente ciccione vestito non da malandato: "Che lavoro
fai?" chiedo, "Pedicab driver (lavoro col triciclo a pedali)", il lavoro
da poveri che affittano a giornata il triciclo pagando una tassa per il noleggio
e girano per le strade trasportando i passeggeri. "Non ti ho mai visto per
strada a pedalare!" gli rimando come battuta. Il paziente seguente invece ci fa
sapere che quello è un maestro elementare della scuola pubblica... Cosa
facciamo invece nel tempo libero (e... quando ce n'è?)? Preparare le medicine
nelle bustine in quantità predeterminate, stampare ed inserire le indicazioni
posologiche in warai-warai, preparare i cesti delle garze, sterilizzarle,
sterilizzare i ferri chirurgici, mettere in sacchetti il latte in polvere,
"passare" le medicine (anche le medicine invecchiano!), aprire l'Harrison, la
mia bibbia medica, per rivedere qualche patologia poco comune o per cercare di
trovare qualcosa che si avvicini ai segni clinici che riscontro in qualche
paziente. C'è poi da cucinare, lavare, pregare, preparare quotidianamente
un'omelia che dica qualcosa, per la messa alle suore (dopo i preti, le persone
più difficili da convertire!).
P. Amelio Troietto |