IL CAMMINO DELLA CHIESA DI PADOVA

Riteniamo utile pubblicare integralmente l’intervento di don Giampaolo Dianin all’Assemblea Diocesana, che ha precisato gli obiettivi del cammino avviato nella Chiesa padovana.

 

Perché abbiamo scelto il brano del buon samaritano, «Va’ e anche tu fa’ così» come guida per il cammino sul bene comune? Vorrei schematicamente consegnarvi il percorso spirituale e anche operativo che ci sta davanti.

La cornice ce la consegna la domanda del dottore della legge sulla vita eterna, vera meta dell’esistenza di ogni creatura umana. Occuparsi del bene comune è impegnarsi per il bene di tutto l’uomo, dai suoi bisogni materiali fino alla sua vocazione all’incontro con Dio. È il difficile tema della libertà religiosa, ma ritroviamo qui anche tutto l’impegno formativo delle nostre comunità. La catechesi, la formazione, la preparazione ai sacramenti, l’eucaristia, le omelie, sono un servizio al bene di tutto l’uomo.

Di fronte alla domanda provocatoria su chi siano le persone da amare, Gesù abbatte ogni muro e invita a farsi prossimo di tutti. Lavorare per il bene comune è impegnarsi per il bene di tutti gli uomini senza alcuna distinzione. Vicini e lontani, buoni e cattivi, amici e nemici, italiani e stranieri, ricchi e poveri. Al cristiano la consegna di fare il primo passo, di farsi prossimo, e alle comunità cristiane di essere aperte, accoglienti, solidali.

All’interlocutore di Gesù che richiama il dono della legge data da Dio per la vita e la felicità, Gesù risponde con l’invito a rispettare la legge: “Fa’ questo e vivrai”. Impegnarsi per il bene comune è rispettare la legge di Dio e anche quella degli uomini quando non sia in contraddizione con quella di Dio. Le leggi aiutano, sostengono, rendono possibile e ordinata la vita della comunità degli uomini. Ogni legge dovrebbe promuovere la dignità dell’uomo e promuovere la convivenza. Impegnarsi per il bene comune è rispettare le leggi, lavorare perché siano sempre più espressione della giustizia, rispettare la cosa pubblica, dialogare con tutti, partecipare e impegnarsi oltre i confini della parrocchia, essere cittadini degni del vangelo.

La nostra vita è abitata anche dai “briganti” che, come quelli della parabola, in mille modi feriscono le persone e la convivenza spesso in modo mortale. Il mistero del male si concretizza anche nelle tante forme di ingiustizia, illegalità, soprusi, violenze, bullismo, intolleranza, criminalità. Impegnarsi per il bene comune è anche lottare contro ogni forma di ingiustizia col coraggio di andare controcorrente. I martiri di ieri e quelli di oggi ci spronano a maturare nella virtù della fortezza come capacità di stare in piedi di fronte alle difficoltà nel compiere il bene.

Il samaritano prova compassione, si coinvolge nella situazione di bisogno che incontra; vede, si fa vicino, fascia le ferite. Il bene comune trova nella carità la motivazione profonda che sprona poi a sporcarsi le mani. La carità è dono e impegno, motivazione e azione, cuore e mani, parola e vita.

Il samaritano nel suo farsi prossimo mette in moto due percorsi: fa la sua parte senza timore e anche spendendo del suo. Ma poi bussa alle porte di una locanda perché non può fare tutto da solo. Il bene comune chiede la nostra parte, ma anche la risorsa di strutture e istituzioni. Troviamo qui un elemento fondamentale del bene comune. Sono importanti le relazioni di prossimità, quelle che viviamo con le persone vicine: familiari e amici. Ma la nostra vita è intessuta anche di relazioni che, come cittadini, abbiamo con le diverse istituzioni.

Oggi viviamo una certa spaccatura tra questi due mondi: nelle relazioni familiari e amicali cerchiamo sincerità, verità, gratuità, affettività; invece nel lavoro, nella politica, nell’economia, con gli stranieri, in queste relazioni sembrano dominare il sospetto, la formalità, il pregiudizio, la mormorazione e la critica; nessun affetto, ma solo la logica del calcolo razionale dei costi e benefici. Impegnarsi per il bene comune è curare le relazioni familiari e amicali, ma anche dare un’anima alle “locande” di oggi, alle relazioni istituzionali e impegnarsi perché siano veramente giuste e a servizio dell’uomo.

L’ultima parola riguarda i tre protagonisti: il levita, il sacerdote e il samaritano e ci riporta all’obiettivo più profondo degli orientamenti che ormai dal 2005 stiamo perseguendo: unire fede e vita. Il levita e il sacerdote sono uomini religiosi, ma per diversi motivi riconosciamo in loro un’evidente spaccatura tra la fede e la vita. Il samaritano invece ci consegna quell’unità tra fede e vita che è l’obiettivo ultimo del nostro percorso. I due anni che ci stanno davanti sono una forte provocazione a cercare questa unità dentro il mondo complesso, difficile ma ineludibile della nostra vita sociale, perché la nostra fede ci chiede di farlo. La Parola ci invita a entrarci con coraggio: «Va’ e anche tu fa’ così»!

 

don Giampaolo Dianin

 

 

Preparativi del Grest: gli animatori al lavoro per tagliare l’erba del campo; sullo sfondo gli storici murales dei Grest

 

Momenti del Grest 2008:  serata iniziale

 

 

 

 

 

torna all'indice - Vita Nostra ottobre 2008 - anno 3 numero 3