I DIECI GIORNI DI UN CAPO SCOUT IN ABRUZZO, DOPO IL TERREMOTO

Mi è stato chiesto di raccontare i miei dieci giorni in Abruzzo. Ho pensato tanto a cosa raccontare, soprattutto a come raccontarlo. Quel che segue è un racconto confuso, me ne rendo conto, ma viene dal cuore. Non sono un giornalista, sono un volontario, un capo scout che è partito con la protezione civile. Buona lettura.

 

Lunedì 6 aprile, ore 12: “Caro Matteo, io sono disponibile a partire”. Dieci giorni dopo: “Andrea, dopodomani parte una squadra per l’Aquila. Ci sei?”.

Inizia così la mia avventura, dieci giorni presso uno dei centri operativi misti (“COM”) istituiti per gestire l’emergenza sisma nel territorio aquilano. I compiti del COM sono chiari: essere il cervello, il coordinamento e la struttura d’appoggio per circa 4500 persone, in diverse tendopoli, oltre che per quattro comuni colpiti più lievemente.

All’interno del centro operativo n.4  di Pianola (“COM4”) siamo una grande famiglia: il responsabile e il suo vice danno le direttive alle diverse funzioni (o “uffici”, per i non addetti ai lavori), le funzioni collaborano tra di loro, dalle 7 di mattina alle 22.30 (quando va bene) forniscono servizi e cercano soluzioni ai piccoli e grandi problemi di quei territori martoriati. Forze dell’ordine, scout, rappresentanti di enti locali, funzionari ministeriali, personale medico, uno a fianco all’altro per cercare di far star meglio gli “sfollati”.

Cosa facevo? Lavoravo nella segreteria del centro operativo: rispondere alle telefonate, coordinare le attività delle diverse funzioni, star dietro a ogni tipo di richiesta. Eravamo punto di riferimento dei volontari, dei referenti dei campi, dei cittadini. Il momento più difficile: essere insultato da una coppia di sfollati. Il momento più forte: la fine dell’ultima giornata, quando ho dovuto-potuto tranquillizzare la popolazione e denunciare dei criminali che seminavano il panico; fingendosi della protezione civile, diramavano falsi allarmi su un imminente nuovo terremoto. Il tutto curando i trasporti degli sfollati che volevano andare a vedere il Santo Padre in visita a L’Aquila.

 

Sono tornato stravolto, ho lasciato un pezzo di cuore laggiù a Pianola, so che una parte di quello che sarà questa gestione di emergenza è stata anche creata da me, curata da me. Ho la sensazione fastidiosissima di essere in un posto sbagliato, ora: guardo le strade di Padova piene di persone, le macchine che girano, il rumore della vita … e penso al deserto che c’è in Abruzzo, al silenzio indescrivibile, a un cane morto e abbandonato in mezzo a una strada, tanto nessuno gira per le strade.

Non ho vissuto in mezzo alla popolazione, ma ho girato qualche tendopoli, e non so se dimenticherò mai i visi stravolti, coperti da un velo grigio di sconforto e incredulità. I bambini girano in bici per il refettorio mentre gli adulti mangiano: in qualsiasi altra parte del mondo, riderebbero per questa marachella. Laggiù, a Pianola, no: sono bimbi tristi, sono bimbi stanchi. Gli anziani soli, a volte dimenticati in un angolo.

Serve una grande mano, in Abruzzo: serve una mano concreta, tesa da chi ha voglia di regalare del tempo, niente più, a un popolo che sta vivendo tuttora un terremoto odioso. Servono volontari competenti, persone che comprendano che sono lì per servire la popolazione, che siano pronti a piegarsi al servizio più umile, meno gratificante, meno facile.

Come scout riconosco e testimonio l’importanza dello sporcarsi le mani, del fare per primo le cose senza aspettare che altri provvedano: è grazie all’aiuto dei volontari che i danni di questa emergenza sono limitati. Chiaramente, non voglio dire che è tutto rose e fiori: la burocrazia a volte schiaccia ogni iniziativa, i giochi di potere tra “prime donne” che si calpestano i piedi sono controproducenti e ci sono, ma se mancasse la tanto odiata burocrazia, vigerebbe la regola del più forte, del chi primo arriva meglio alloggia.

Sfrutto questa occasione per lanciare un “accorato appello”: chi ha l’occasione di dedicare del tempo, faccia di tutto per partire. Penso soprattutto agli studenti universitari (per ovvie ragioni ora come ora sono ammessi solo maggiorenni), che possono gestire più liberamente il proprio tempo, ma anche ai lavoratori (per cui è previsto un permesso speciale, se partono con la protezione civile, che non va a incidere sulle ferie): contattate le associazioni attivate dal dipartimento di protezione civile, cercate di arrivare laggiù.  Per ogni informazione, dubbi o perplessità, io sono disponibile a parlare con chiunque: Padre Roberto sa come contattarmi.

 

Andrea Berto

Capo Gruppo Padova 2 Agesci

All’esterno del centro operativo di Pianola


All’interno del centro operativo di Pianola


Volontari all’esterno del centro operativo di Pianola


Un’altra scena all’interno della tenda del centro operativo di Pianola

torna all'indice - Vita Nostra maggio 2009 - anno 4 numero 2