L'angolo dei giovani

LE MAGIE DEL CAMPO SCOUT

Questo ormai è il tredicesimo anno in cui vivo d'estate un campo scout. Devo dire che, ripercorrendo questi anni, mi sono stupita di come mi ricordi perfettamente ognuno di questi campi, da quelli vissuti da bambina, da adolescente e infine da capo

Questo ormai è il tredicesimo anno in cui vivo d'estate un campo scout. Devo dire che, ripercorrendo questi anni, mi sono stupita di come mi ricordi perfettamente ognuno di questi campi, da quelli vissuti da bambina, da adolescente e infine da capo come quest'anno. La magia di un campo scout è tutta qui: è un'esperienza così forte,  significativa, bella ed importante da rimanere indelebile.

È un'avventura che ti lascia dentro quel qualcosa di particolare, forse indescrivibile e quel non so che di malinconico quando finisce. Sono esperienze così intense e fuori dalla vita ordinaria che è impossibile che non rimangano impresse.

 

Foto di gruppo in un campo scout


Sapete poi la seconda magia? Impari sempre qualcosa di nuovo, sugli altri e su te stesso. Ti metti un po’ alla prova ogni volta, c'è indubbiamente da faticare, ma è proprio questa fatica che ti lascia quella soddisfazione di avercela fatta. In pochi giorni vivi un'altra esperienza e ancora una volta impari a conoscerti un po’ meglio, rimanendo sempre sorpreso di quanto possa darti un campo scout.

E quanto possa lasciarti. Premettendo questo, che secondo me era indispensabile dire, vengo al concreto con l'esperienza di quest'estate. Siamo andati con il reparto di S. Camillo (quarantasei ragazzi dai 12 ai 16 anni) a Cimolais, in provincia di Pordenone. Per la prima volta, come  detto sopra, mi sono trovata nel ruolo di capo. Siamo partiti il 21 luglio e siamo tornati il 1°agosto. Sicuramente è stata un'esperienza intensa, sotto molti punti di vista.

 

È stato un campo anche all'insegna dell'avventura più degli altri anni (a sentire i capi che erano con me, che ormai sono dei veterani). Si capisce se un campo è andato davvero bene solamente dopo che è finito. Quest'anno ci è parso che la maggior parte dei ragazzi si fosse divertita e, nonostante la fatica vissuta, sentisse la nostalgia di quei giorni in montagna. E questa è la soddisfazione più grande.

È stato un campo pure all'insegna del rischio: si sono proposte attività e giochi leggermente diversi dal solito per cercare di stupire i ragazzi e non far loro vivere i classici schemi che ormai conoscevano da molti anni.

Il campo-reparto per i ragazzi è impegnativo: devono gestirsi autonomamente nelle squadriglie, costruirsi "l'angolo", ovvero un angolo cottura e utilizzare dei pali per sedersi e mangiare.

 

Per due giorni sono stati tenuti  a compiere un percorso predefinito intorno a Cimolais (hike), senza l'ausilio di noi capi, e muniti solamente di una cartina ed alcune provviste. Ogni mattina qualche minuto era dedicato al momento della catechesi: si iniziava la giornata con una preghiera seguita dalla riflessione. I giochi sono stati numerosi: la gara di cucina, le olimpiadi, il Grande Gioco Finale, attività di riflessione su se stessi, sul loro futuro e sugli altri, canti attorno al fuoco. 

Che dire, alla fine, se non che è stato impegnativo, ma bello. Per noi capi e per i ragazzi. Perché, in un modo o nell'altro, entrambi ci siamo messi totalmente in gioco, imparando sempre qualcosa in più.  

 

Margherita Verlato

torna all'indice - Vita Nostra ottobre 2009 - anno 4 numero 3