FARE NATALE IN GRANDE

“Fai grande il tuo Natale”: questo il vistoso invito rivoltoci da una pubblicità in questi giorni. La relativa interpretazione abbastanza fondata è fin troppo facile; far grande quasi certamente significa più acquisti, più regali, più cose in genere, sottintendendo che sono queste a dare senso alle persone in festa e non viceversa.

Anche noi cristiani, soprattutto noi, siamo invitati dalla Chiesa a “fare Natale in grande”, ma con due precisazioni importanti: innanzitutto non il “mio”, ma semmai il “nostro” Natale, poiché la nostra fede è tutta al plurale e non al singolare, ma poi soprattutto perché non siamo noi a fare grande il Natale, ma è Natale semmai che fa grandi noi e questo non è poco, anzi è tutto, sempre che sia pacifico, per non dimenticare il festeggiato, che stiamo per celebrare il Natale di qualcuno che si chiama Gesù il Cristo, il figlio di Dio Padre.

Dunque ancora una volta la bontà infinita del Signore ci offre questo dono: rivivere il massimo evento della storia umana, non solo quindi quello dei credenti in Cristo, ma di tutti gli uomini di tutti i tempi e luoghi. Egli infatti è venuto e viene per tutta l’umanità: lo sappiano, lo vogliano, lo accettino, vi credano o meno, tanti o pochi che siano. Noi, toccati dalla grazia immeritata di credervi, siamo chiamati ad accoglierlo anche per loro, senza alcuna presunzione di superiorità o privilegio, ma semmai con umiltà e responsabilità maggiore.

Accoglierlo, ma come? Due sembrano in particolare le vie obbligate per una celebrazione seria e un incontro autentico con Cristo che rinasce in mezzo a noi e per noi: con fede e carità, nella vita divina e umana insieme, indissolubilmente unite, tanto da farne una sola, come in lui.

1. Celebrare il Natale cristiano comporta per prima cosa, se appunto si vuole essere persone semplicemente serie, rinnovare e professare la nostra fede in Cristo, non solo maestro di morale e operatore di prodigi, “benefattore dell’umanità”, ma salvatore e redentore, uomo sì e che uomo! Ma ben più che uomo perché è insieme Dio, morto e risorto per noi, chiamati a vivere come lui nella vita eterna, pure da risorti: verità questa del Credo, forse la più dimenticata perché troppo grande e scomoda.

  Non dimentichiamo che Gesù Bambino a Natale è già candidato al dramma pasquale. Accoglierlo perciò in questa precisa luce richiede ascoltare e crede­re alla Parola di Dio, incontrarlo nei Sacramenti della Riconciliazione e in modo specialissimo nell’Eucaristia domenicale comunitaria (e non solo a Natale e Pasqua!) per ricevere, ravvivare e vivere la sua amicizia personale in comunione con il Padre. Ma non basta.

 

2. Celebrare il Natale cristiano significa ed esige, per essere onesti e coerenti nella fede, riconoscere e accogliere la presenza di Cristo nella persona dei fratelli, specie i piccoli e gli ultimi, secondo la tipica espressione biblica, vale a dire tutti coloro che non contano, che non possono darci nulla (materialmente parlando!), ma hanno bisogno di tutto e di noi stessi.

 Questa esigente integrazione, senza la quale la vita religiosa è deficitaria, al limite ipocrita, comunque non salvifica, è voluta espressamente dal Vangelo, con le parole precise e dirette di Cristo, che si leggono nel capitolo 25 di Matteo, decisive per la nostra sorte eterna.

Natale è Dio che scuote le coscienze  degli uomini che ama, che li chiama a cancellare con la giustizia e la carità operosa i mali creati dalle ingiustizie. Oggi la fame degli affamati, la sete degli assetati, le ansie dei disoccupati, la tragedia degli oppressi, i diritti dei malati e dei disabili, la tristezza degli anziani abbandonati, sono entrati nelle nostre case come ospiti che ci tormentano nelle nostre sicurezze, che ci spingono a diminuire le nostre comodità, perché loro, gli affamati, i poveri, gli oppressi, tutti i bisognosi di affetto, siano ospiti della nostra carità. È in questa comunione di amore che si forma il regno di Cristo come lievito posto nella farina perché questa diventi pane. Questo è il senso del Natale, un Natale che ci renda cittadini del mondo, un Natale che cambi il cuore. Che bello arrivare al mattino di Natale e sentirci uomini nuovi: cominciare un nuovo rapporto con gli altri facendo loro spazio nella nostra vita, per capire, ogni giorno di più, come poterli amare.

Gli altri sono solo da amare e basta! Questo è il cuore nuovo che dobbiamo chiedere al Natale, non una caterva di cose, e sottolineiamo cose, spesso inutili, bellissime e vuote, che non ci potranno impedire di osservare, sconsolati, la sera della festività: “E Natale è passato anche quest’anno …”

Il nostro augurio natalizio è dunque bello ma scomodo, come è stato scomodo il primo Natale, quello vero che siamo chiamati a cercare di vivere il meglio possibile, certi che è  proprio il Natale che ci fa “grandi” (se lo lasciamo fare!).

 

Buon Natale a tutti

Padre Roberto

e sacerdoti collaboratori

 

Madonna con Bambino, icona stile bizantino
(scuola Cretese – Teofanis)


 

Natale 2009 - il presepio nella nostra chiesa di S. Camillo

 

torna all'indice - Vita Nostra dicembre 2010 - anno 5 numero 3