NATALE: LA CAPANNA DEL CUORE

Ancora oggi ricordo con nostalgia le celebrazioni del Natale della mia infanzia, avvolto dal fascino della povertà e della semplicità. Il Natale era atteso non per i doni che sarebbero forse arrivati, ma per l’atmosfera suggestiva e il senso di mistero che si percepiva in quel periodo. Nei giorni immediatamente precedenti il Natale si allestiva con papà e mamma il presepio, semplice e senza pretese. Il muschio, quello verde e morbido dei nostri fossi, era il soffice tappeto per le statuine di gesso. All’inizio poche, andavano via via aumentando perché ogni anno se ne acquistava qualcuna. Qualche personaggio, soprattutto tante pecore, forse perché costavano meno, ma credo anche perché le greggi numerose erano segno (o auspicio?) di benessere e abbondanza. Con qualche pezzo di specchio rotto si facevano i laghetti e con le carte da pacchi le montagne e la grotta. Era quello il punto di convergenza di tutto il presepio. Vi si contemplavano le statuine di Maria e Giuseppe, del bue e dell’asino e quella del Bambino Gesù, collocata per ultima, nella Notte Santa. E davanti a quella francescana rappresentazione del mistero dell’Incarnazione, quanti innocenti preghiere, quante semplici ma profonde riflessioni di papà e mamma!

Era ogni anno un Natale povero ma straordinariamente ricco, fatto di relazioni vere fra persone che, avendo poco, si regalavano tutto: amore, tempo, attenzione, sensibilità, tenerezza. Ed essendoci l’essenziale non si desiderava niente di più.

Anche oggi il Natale sarà povero per miliardi di persone, uomini, donne e bambini, sparsi in vari paesi del mondo. D’altra parte, dove sono accese, le luci della festa rischiano di abbagliarci, di spostare la nostra attenzione altrove, di farci dimenticare il grande mistero del Figlio di Dio che “rinunziò a tutto: diventò come un servo, fu uomo tra gli uomini e fu considerato come uno di loro” (Fil 2,7).

 

Quest’anno vorrei chiedere per voi a Gesù Bambino che venga esaudito il desiderio più genuino e vitale del vostro cuore. Quello che ognuno di noi si porta dentro, magari a sua insaputa, e che a volte non riesce ad individuare per tanti anni. Si tratta non di un normale desiderio, per quanto potente, ma di una aspirazione profonda che, esaudita, ci porterebbe a vivere in modo autentico. Purtroppo è vero: si rischia a volte di consumare la propria vita rincorrendo desideri vestiti di importanza, ma in realtà vani e insulsi.Vorrei chiedere a Gesù Bambino che vi aiutasse a trovare “il luogo” dentro di voi, dove si nasconde il desiderio autentico, quello che corrisponde alla reale vocazione di ogni persona. E vorrei dare a questo luogo ideale un nome: “la capanna del cuore”. Può apparire un po’ infantile, un po’ fiabesco, ma ha una dolce somiglianza con un’altra capanna, che in questi giorni è simbolo e richiamo per la nostra sensibilità e la nostra fede: la capanna di Betlemme.

Se trovassimo la capanna del cuore, il luogo dove avviene per ogni credente l’incontro con Dio, riusciremmo certamente a dare alla nostra vita una svolta così forte da poterci chiamare “convertiti”. La conversione di questo Natale dell’Anno della Fede è quanto la Chiesa ci chiede. Se scoprissimo la capanna del cuore e ne facessimo il punto focale della nostra vita da cui partire e a cui sempre ritornare, le nostre stesse giornate sarebbero “convertite”.

Quando ci venisse chiesto un segno di generosità troppo forte, come la richiesta di occuparci di un malato, invece di provare subito l’istinto del negarci, faremmo una puntatina nella nostra capanna. E sostando un attimo in silenzio e preghiera, in umile attesa di luce, di discernimento, troveremmo il modo di dire di “sì” o almeno un poco “sì”.

 

Dal presepio nella nostra chiesa del 2011: Natività

sotto: altre immagini dello stesso presepio


Quando qualcuno ci ferisse con la sua insensibilità o arroganza e l’impulso ci spingesse a reagire, se noi potessimo recarci nella nostra capanna del cuore, forse vi scopriremmo una mangiatoia di mitezza. Quando ci trovassimo nelle difficoltà economiche o negli inciampi della salute, quando la depressione ci tormentasse con le sue cupezze; quando l’amato o l’amata cessasse di amarci … (infiniti sono i quando sotto i quali dobbiamo soccombere)… la nostra capanna del cuore sarebbe il luogo in cui rifugiarci e spogliare le nostre sofferenze dagli eccessi di cui le abbiamo caricate.

Scoprire la capanna del cuore è il più bel dono che possiamo ricevere: quello che vi auguro, care parrocchiane e cari parrocchiani, per questo Natale. E imparare a tenerla pulita da ogni ingombrante sentimento (rancore, nostalgia, invidia, accidia, orgoglio, vanità …) per ritrovarla sempre accogliente ogni volta che vi torniamo.

Ma abbiamo anche l’obbligo morale, come cristiani, di rendere ricca la capanna del nostro cuore di solidarietà e di condivisione, per regalare speranza, per far ritornare sorrisi e fiducia, con gesti magari semplici ma gratuiti e generosi che non chiedono contraccambio. Non avremo cambiato il mondo, ma avremo acceso una piccola luce che unita a quella di Betlemme porterà ancora pace e speranza.

Nel ringraziarvi nuovamente del bene che già fate, auguro un BUON NATALE a tutti.

P. Roberto e sacerdoti collaboratori

torna all'indice - Vita Nostra dicembre 2012 - anno 7 numero 3