FESTA DELLA MADONNA DELLA SALUTE
Da alcuni anni la tradizionale festa della Madonna della Salute, compatrona della nostra parrocchia,

è diventata “FESTA DEL PATRONATO”.
Quest’anno abbiamo ricevuto la visita del nuovo vescovo, mons. Claudio.
In questo “speciale” ripercorriamo alcuni momenti della giornata


OMELIA DEL VESCOVO CLAUDIO

Nota di redazione: nella sua omelia, di cui riportiamo un ampio estratto, il padre Vescovo ha commentato il vangelo Mt 25,1-13: le vergini che escono per andare incontro allo sposo. Solo le vergini sagge, insieme alle lampade, portano con sé dell’olio, e poiché lo sposo tarda loro entrano alle nozze, le vergini stolte invece trovano la porta chiusa.

Nell’omelia la tentazione di parlare di noi è sempre molto grande, però dobbiamo invece, insieme, metterci in ascolto di che cosa il Signore ci dice. Una comunità come la vostra si trova unita nella misura in cui converge verso questa Parola. Parola che poi diventa anche un gesto, perché questa Parola diventa pane, spezzettato perché ce ne nutriamo. È la stessa cosa fare la comunione e mangiare quel pezzo di pane, rispetto ad ascoltare e nutrirci di questa parola: sono importanti tutti e due. Se facciamo questo, singolarmente, se ciascuno di noi vive questa comunione con lo spirito di Gesù, allora è più facile che si crei tra tutti noi comunione; ma anche un po' di affetto reciproco, la capacità di salutarci quando si entra in chiesa dicendo “Buongiorno”, il desiderio di venire la domenica perché così si vedono gli altri, quelli della nostra comunità. Ecco, questo è possibile se singolarmente ci riferiamo a questa Parola. La parabola che abbiamo ascoltato non è proprio semplicissima, ma dopo averci un po' pensato è diventata bella.

    A me colpiscono queste cose, innanzitutto un'espressione che potrebbe coinvolgere anche gli scout, soprattutto il clan quando fa strada: queste vergini escono per andare incontro allo sposo. Cioè si mettono in movimento,  in  cammino: prendono una strada, un percorso. Voi sapete che tutti i percorsi sono accidentati, e noi non conosciamo quale sarà l'esperienza che viviamo quando ci mettiamo in cammino, soprattutto se come con gli scout si va in montagna, su un sentiero. Ci sono tante cose che succedono lungo questo percorso, quindi non si deve mai essere troppo sicuri nel momento in cui si parte. Bisogna essere sempre molto attenti, essere presenti a se stessi. "Uscirono": erano in una posizione di comodo, in casa, ed escono. Però questa uscita e questa strada che viene compiuta ha un obiettivo: andare incontro allo sposo.

Noi potremmo già domandarci se stiamo uscendo, se stiamo continuando questo processo di continuo superamento del punto al quale siamo arrivati. Ma potremmo anche chiederci dove stiamo andando, incontro a chi stiamo andando. Voi avete gli ospedali vicini, avete il riferimento a San Camillo: tutto porta ad avere davanti agli occhi la precarietà e forse l'esito finale che è la morte.

Ma noi siamo usciti da Dio, siamo stati pensati da Dio, messi su una strada, questo mondo, “Per andare incontro allo sposo”. È una festa che ci attende, l'incontro con il Signore. Ecco perché, mandati nel mondo, ci mettiamo su una strada: è per incontrare lo sposo, non è perché siamo destinati a morire, semplicemente così, è per incontrare Dio.

In questa parabola abbiamo davanti una prospettiva, come se dovessimo progettare, restando nell'immaginario degli scout, nel linguaggio scout, una “route”. E questa “route” è l’immagine della nostra vita, qui si nasconde il senso: veniamo da Dio e ci attende l'incontro con Dio. Allora come si può progettare in questo modo una vita, dare significato e forza a una vita? Che cosa ci deve essere nel nostro zaino? Di quale bussola dobbiamo tenere conto, di quali informazioni?

Ecco, l’olio: a me sembra che questo olio voglia proprio dire che non soltanto siamo voluti da Dio e Dio ci attende, perché “uscirono per andare incontro”, ma si dice che anche noi dobbiamo metterci qualche cosa. E a me sembra che questo qualche cosa siano quelle poche cose, ma essenziali, che possono dare senso a una vita. Su che cosa stiamo costruendo la nostra vita? C'è un altro passo del Vangelo di Matteo in cui si usano parole simili: al termine del discorso della montagna si parla dell'uomo saggio (e qui ci sono le vergini sagge, si usano le stesse qualità, le stesse parole).

In quel contesto l’uomo saggio costruisce la sua casa sulla roccia, invece lo stolto costruisce la sua casa sulla sabbia. Noi su cosa stiamo costruendo la nostra vita? Guardate che siamo molto in difficoltà oggi, anche come società, perché rischiamo di non avere più questi riferimenti sicuri. Su che cosa stiamo costruendo? Quali sono le cose per le quali vale la pena vivere?

La stessa famiglia oggi sembra difficile da pensare come un punto al quale noi ci possiamo appoggiare; tanto è vero che i nostri ragazzi oggi non si sposano più, come se non fosse una cosa importante aiutarsi tra due, il progettare insieme. Ma poi, tra i tanti altri valori di cui è disseminato il mondo e la vita, quali sono i nostri? Per che cosa viviamo, in che senso la nostra vita ha una profondità, è radicata realmente su qualche cosa di sicuro, di stabile? Noi rischiamo, soprattutto oggi, di pensare al giorno dopo, o ad adesso, o a cose piccole: un po' di soddisfazione momentanea.

Questa situazione ci porta a continuare il nostro cammino: “Uscirono per andare incontro”. Però la vita, sappiamo che ci riserva purtroppo delle sorprese, come anche in questo Vangelo. Perché anche in questo vangelo c’è una sorpresa: è il ritardo dello sposo. Tutti avevano fatto i calcoli che lo sposo arrivasse in un certo momento, e invece lo sposo (non si dice il perché e non è neanche importante) è in ritardo, c’è un imprevisto.

Nella vita, lungo la strada, sono da mettere nel calcolo tanti imprevisti. E gli imprevisti mettono in luce se noi siamo attrezzati sufficientemente, fanno capire se ci teniamo, se c'è qualche cosa di profondo a cui noi guardiamo, oppure se tutto rischia di essere piuttosto superficiale.

E allora di fronte agli imprevisti noi rischiamo di uscirne ancora più indeboliti, e quella strada che noi abbiamo intuito, dalla quale ci siamo anche lasciati affascinare, quella strada diventa una strada impercorribile, da maledire, perché non abbiamo più olio, non abbiamo più. La nostra vita non era costruita sulla roccia, ma sulla sabbia; le nostre lampade non avevano più olio e si vede che l'olio che abbiamo messo in disparte era troppo poco: quei due o tre valori sui quali costruirci non li abbiamo ancora capiti e fatti nostri, non hanno superato la prova della mezzanotte.

Noi ci troviamo qua in chiesa, perché le nostre lampade, il nostro olio, potremmo dire la bellezza interiore di ciascuno di noi, il fascino profondo che ciascuno di noi sa sprigionare anche nei contesti comunitari, ecco, noi vogliamo che questo fascino diventi sempre più vero, sempre più profondo; non perché ce l'abbiamo noi, ma perché cambiamo di dentro. Allora oggi, come tutte le domeniche, siamo qui per alimentarci di tutte quelle cose che possono dare un senso profondo, forte, essere robuste, di quell'olio che ci permette di superare gli imprevisti, i ritardi.

Queste cose sono contenute in questa celebrazione. A me piace un’espressione: fuori dalla chiesa dobbiamo ricordare quello che siamo in chiesa, perché questa è la nostra verità.

Ora qui che cosa viviamo? Intanto vediamo una comunità: ma tutti ci stanno insegnando ad andare ognuno per nostro conto, ad arrangiarci. Qui vediamo un primo riferimento fondamentale per la vita di un cristiano che deve uscire per andare incontro allo sposo, che deve attraversare gli imprevisti e quindi deve avere olio a sufficienza. Guardate che essere parte di una comunità non è facoltativo... e poi vado avanti dicendo che non si va a messa da qualsiasi parte, perché non è importante solo il riferimento a Dio, è importante scegliere di far parte di una chiesa concreta, fatta di persone, con dei volti precisi.

È uno dei grandi segreti per compiere questa traversata.

Un clan non è composto di singoli, non si va in montagna senza restare uniti. Ci si aspetta addirittura, e si prende anche il passo del più lento, e questa è la stessa cosa per noi.

Poi, c'è il riferimento al cuore del cristianesimo, che è Gesù; a quello che Lui ha detto, a quello che Lui ha fatto. Tanto è vero che noi ripetiamo in sua memoria, per rendere presente quello che lui ha fatto, i gesti più importanti: prese il pane lo spezzò e lo diede loro, il vino e il suo sangue: Gesù che dona la sua vita.

Se uno pensasse che la sua vita è un dono, e mettesse questo come olio della sua vita, avrebbe una riserva con la quale affrontare davvero tante difficoltà. La vita è un dono, ci dice Gesù. Allora ripensiamo anche le nostre relazioni personali, le nostre amicizie, il nostro lavoro: che cosa faremo nella vita? Qui ci stanno insegnando che dobbiamo recuperare soldi, ma il Vangelo non ci dice così. Dice che la vita va donata. Ecco, vedete quante cose che ci sono in quest’assemblea: un po' per volta, frequentandola, noi le facciamo nostre e diventiamo belli dentro. E questa bellezza interiore ci permette di attraversare la nostra vita Immaginando che alla fine incontriamo Gesù, Lui ci sorride e anche noi sorridiamo a Lui, perché siamo nati per questo: per andare incontro allo sposo.

Ora proseguiamo questa celebrazione dell'Eucaristia. Io spero proprio con tutto il cuore che anche da questa celebrazione voi vi sentiate come rafforzati in questa generosa risposta che date a Dio, che vi chiama a far parte di questa comunità, a farvi carico gli uni degli altri, a trovare in queste occasioni, in queste assemblee spirituali,  quelle due o tre cose essenziali sulle quali costruire tutta la vita: roccia, una vera roccia. Qui possiate comprare olio, perché non lo vedo dalle altre parti, per attraversare la mezzanotte. Ecco, che il Signore aiuti tutti noi in questa esperienza che ha dell'avventura e anche molto di bellezza

(dal discorso di mons. Claudio Cipolla)

 

qui sotto, le immagini di alcuni momenti

della presenza del Vescovo

nella nostra comunità:

 

 

l’arrivo in chiesa

 

 

L’assemblea eucaristica

 

 

la benedizione finale

 

 

Celebranti e chierichetti

 

 

 

 

 

L’aperitivo insieme in salone (anche nella foto successiva)

 

 

 


PADRE AMELIO NELLA SUA MISSIONE E FRA NOI

(Nota di redazione: alle 16, il giorno della Festa, incontro con padre Amelio in auditorium)

Più volte, negli scorsi anni, durante i periodi più tormentati di padre Amelio, noi suoi amici, che più da vicino vivevamo la sua situazione, ci siamo arrovellati su come poterlo aiutare non solo economicamente, ma soprattutto con consigli pratici, procurandogli materiali, medicine e quegli alimenti che noi ritenevamo più importanti e duraturi. Ogni volta che gli dicevamo “fai l’elenco delle cose che servono per te, per chi ti aiuta, per i tuoi pazienti e per coloro che vorresti aiutare”, quasi sempre ricevevamo richieste generiche e minimali. Il contrasto fra la nostra razionalità (?) e la sua semplicità ci meravigliava e forse ci faceva arrabbiare: certamente erano altri i suoi valori e i suoi riferimenti. E allora, pur con fatica, ci venivano in mente le parole scovate in una preghiera: «Voi siete insonni, voi volete tutto valutare, tutto scrutare, a tutto pensare e vi abbandonate così alle forze umane o peggio agli uomini, confidando nel loro intervento anche se non conoscete le situazioni, i modi di vivere, la complessità delle varie realtà; ricordatevi che ogni atto di vero, ricco e completo abbandono in me, produce l'effetto che desiderate e risolve le situazioni spinose. Rivolgete invece a me una preghiera, abbandonate il pensiero della tribolazione e rimettetevi a me perché io solo operi e dite "pensaci Tu”».

È con questo spirito che padre Amelio ha continuato a operare, accompagnando la sua intraprendenza, la sua medicina e chirurgia, le varie azioni di carità e di impegno pratico, con la preghiera e la pazienza.

 

Così ha via via cominciato a modificare, migliorare e ampliare la sua situazione abitativa, creando gli spazi per meglio conservare le medicine e i materiali. Ha realizzato ambienti più accoglienti per i pazienti che arrivano da lui per farsi curare, anche perché, sempre più, è diventata problematica la sua attività di “medical mission”, cioè di medico itinerante per i villaggi sparsi fra i monti e lungo i fiumi. Proprio questo spostarsi fra le varie baracche gli ha fatto toccare con mano le tante situazioni di abbandono dei bambini e le discriminazioni cui essi erano e sono sottoposti per mancanza di nutrizione, accudimento ed educazione. Ha così cominciato ad accogliere, alimentare, vestire ed educare i bambini più poveri, preparandoli ad affrontare meglio il mondo della scuola elementare, cercando di abbattere e prevenire le barriere sociali ed educative. È così che quei piccoli possono, oggi, entrare nella scuola primaria meglio nutriti, educati e puliti, in grado di stare alla pari e, spesso, superare i loro coetanei più abbienti.

Oggi, alla salute del corpo si affianca quella della mente e alla missione di medico si affianca quella di educatore. Così, mentre i suoi pazienti, per essere curati fanno la fila già prima dell’alba, i suoi pre-scolaretti (più di 60 divisi in 2 turni giornalieri, vedi la foto sotto) gli chiedono assistenza, accompagnamento educativo e tanta merenda.

Una volta all’anno padre Amelio viene a trovare la sua Parrocchia d’adozione, che è San Camillo, e gli altri amici che ha in Toscana, in Sardegna, a Verona, a Castelfranco, a Poggiana ecc. Viene per rinfrancare il corpo e lo spirito e per tenere sempre caldi i legami che ha intessuto nel tempo e nelle varie situazioni con le persone che gli vogliono bene.

Padre Amelio è una delle grandi braccia caritative di questa Parrocchia: diamo a lui tutto il nostro affetto, la nostra solidarietà pratica e la nostra preghiera.

Giampaolo Benatti


LA TOMBOLA

Il sole di inizio novembre è ancora tiepido,  e ci riporta anche quest’anno alla festa della Madonna della Salute e del Patronato.

Da molti anni, non ricordo più quanti, ci ritroviamo nel pomeriggio in salone per giocare a “Tombola” in occasione della castagnata.

La Tombola, come ben sapete, è un gioco di famiglia, ed è fatta ancora con delle cartelle in cui sono segnati dei numeri da uno a novanta. Questi sono estratti a sorte e vince la cartella i cui numeri sono sorteggiati per primi.

Alcuni anni fa qualche proposta per una Tombola digitale è stata fatta ma non realizzata.

Ed eccoci a domenica 12 Novembre, pronti per giocare insieme. Cartelle e penna in mano e via… I premi erano davvero tanti e sono sicura che tutti hanno vinto qualcosa. Le piccole “vallette” e il “valletto” sono stati veramente bravi e sino alla fine hanno collaborato per la riuscita della tombola.

Eravate numerosi e abbiamo dovuto aggiungere anche alcuni tavoli; la gioia di stare insieme, la felicità dei bambini e dei grandi che vincevano hanno davvero rallegrato questa tombola. Grazie a tutti, vi aspetto alla prossima festa del Patronato.

Claudia Calore Groppello

(gruppo ricreativo)

 

FINE SPECIALE FESTA MADONNA DELLA SALUTE

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