SPAZIO (ai) GIOVANI
 

 

Cosa noi giovani vorremmo cambiare

Il 19 maggio si è concluso, con una celebrazione in Cattedrale, il Sinodo dei giovani della diocesi di Padova, indetto dal vescovo Claudio quasi due anni fa (vedi foto nella pagina accanto). In questi due anni tantissime persone si sono messe in moto e si sono prodigate per realizzare questo progetto, partendo completamente da zero. Il sinodo inizialmente era solo un’idea, con lo scopo di creare un percorso che coinvolgesse più persone possibile per cercare di rinnovare la nostra Chiesa. Col tempo quest’idea è diventata un progetto ben definito e strutturato che ha coinvolto più di 5000 persone, provenienti da tutte le realtà della diocesi, divise in tanti piccoli “gruppi sinodali” (la nostra parrocchia ha partecipato con 3 gruppi). Il Sinodo infatti è stato un modo per coinvolgere le persone più diverse (credenti e non) e permettere loro di confrontarsi e condividere idee e proposte. Negli ultimi mesi un’assemblea composta da circa 200 persone, scelte in rappresentanza di tutti i giovani che hanno partecipato al sinodo, ha letto tutte le relazioni provenienti dai vari gruppi e ha compiuto un lungo lavoro di discernimento per capire quali fossero i desideri e le proposte emersi. Durante la celebrazione conclusiva è stato quindi presentato il testo finale redatto da quest’assemblea (che trovate qui).  È  un  testo  molto importante per noi giovani, è una lettera alla Chiesa di Padova ed esprime in modo chiaro il nostro pensiero e i nostri desideri; infatti è per questo che vorremmo che arrivasse a più persone possibile, attraverso le parrocchie e le associazioni.

La lettera si presenta come una risposta alla domanda del Vescovo Claudio: “Cosa secondo te vuole il Signore per la Chiesa di Padova?”.  Il percorso del Sinodo non è stato un sondaggio o un’analisi statistica, ma un cammino di discernimento comunitario. Il testo è suddiviso in quattro sezioni:

· Accompagnare ed essere accompagnati

· Prendersi cura della comunità

· Liturgia, preghiera e sacra scrittura

· Vivere la fede negli ambiti di vita

In ogni sezione è spiegato in modo conciso, ma esaustivo, cosa noi giovani vorremmo cambiare. Ovviamente il cambiamento non è unilaterale, ci deve essere coesione e voglia di lavorare assieme tra giovani e adulti. Negli scorsi mesi padre Renzo ha esposto fuori dalla chiesa il testo della lettera completo lasciando un apposito spazio per rispondere a questa lettera. Abbiamo apprezzato tantissimo questo gesto, e abbiamo apprezzato ancor di più le risposte che ci sono state. Vedere che molti adulti hanno preso a cuore questa lettera e hanno dato la loro risposta è stato un bellissimo segnale, in quanto vuol dire che c’è voglia di collaborare. Spero che questo diventi una spinta per entrambe le parti a riflettere su quanto scritto dai giovani e per cercare di apportare dove possibile dei piccoli cambiamenti che possano migliorare la nostra comunità.

Irene Seno


Campo giovanissimi 2018: (Im)maturità

Il campo scuola dedicato ai ragazzi dei gruppi giovanissimi di quarta e quinta superiore si è svolto dal 23 al 28 luglio a Montamarciano (AN). L’iniziativa vicariale ha coinvolto le parrocchie di San Camillo, Cristo Re, Madonna Pellegrina e San Paolo, per un totale di 27 ragazzi.

La casa-base, immersa nel verde delle colline marchigiane, ci ha dato la possibilità sia di concentrarci durante le attività sia di rilassarci nei momenti di pausa, e di fare anche qualche scampagnata nella vicina spiaggia di Marzocca. Oltre a vedere la meravigliosa eclissi di luna del 27 luglio, al ritorno siamo persino riusciti a visitare il Santuario Madonna di San Luca sopra Bologna: non solo un campo scuola di svago e momenti seri ma anche di cultura!

Il tema del campo è stata la Maturità, argomento che ha coinvolto i giovanissimi in due sensi: quello scolastico (visto che alcuni di loro avevano svolto l’esame di Stato poche settimane prima) e quello di crescita personale. La maggiore età e l’esame di Stato sono traguardi importanti per un ragazzo, tappe di un percorso verso la vita adulta che non rendono però propriamente “maturi”. Per questo motivo le varie attività miravano non solo a ricercare il significato della parola maturità, ma soprattutto a declinarlo nell’ambito delle relazioni, delle responsabilità, delle scelte di vita e della fede.

L’argomento ha stimolato, e a tratti messo anche in difficoltà, non solo i ragazzi ma anche noi educatori. Il tema della maturità, infatti, non è una prerogativa solo di chi si affaccia all’età adulta, ma è una sfida continua proprio per chi è già adulto. Riconoscere e far fronte alle proprie immaturità è qualcosa che spaventa chi è “grande” perché evidenzia le mancanze, le debolezze e tutto il cammino di crescita personale che si ha ancora da fare. E forse, proprio per questo motivo, sarebbe una tematica interessante da proporre anche agli adulti, soprattutto quando si lamentano dell’immaturità di giovani e ragazzi.

Personalmente, mi ha fatto molto riflettere la declinazione del tema della maturità nell’ambito della fede, terreno scivoloso non solo per i giovanissimi, ma anche per giovani e adulti. Nella vita di tutti i giorni siamo immersi in una routine continua che si protrae purtroppo anche alla domenica al momento della messa, che diventa spesso anch’essa un’abitudine. Allo stesso modo lo possono diventare anche le formule recitate e le preghiere. A quanto di quello che recitiamo nel Credo crediamo veramente? Come poter conciliare il proprio spirito critico con i dogmi di fede? Queste sono le domande che mi sono portata a casa, dubbi di non facile soluzione ma che spero contribuiscano alla mia crescita e al mio cammino di fede anche nel caso dovessero restare solo domande aperte.

Chiara Cecchin

il logo del campo

 


Campo S. Colombano 2018: Esperienze di libertà

Ore 2:30, luci stroboscopiche, musica a palla, tutti ballano. Terminati i bagordi notturni ci avviamo verso le poche ore di sonno che ci separano da una gustosa colazione a base di polpette con sugo di pomodoro e cipolle. Questo l’inizio dell’insolito campo estivo che quest’anno il gruppo giovanissimi di seconda e terza superiore ha vissuto. Il tema che ci siamo dati è stato “la libertà”. L’obiettivo non era rispondere alla domanda “cos’è la libertà?”, ma dare un’opportunità di riflessione riguardo alla propria libertà esteriore e interiore.

I primi due giorni la cosa ha preso una piega piuttosto esperienziale. Per cominciare è stata istituita la giornata senza regole, tutti liberi: noi educatori di stare svegli e tenere svegli i ragazzi fino a notte inoltrata, i cuochi di preparare il pranzo al posto della colazione e viceversa, il don di tingersi i capelli di blu. Anche i ragazzi non avevano regole o restrizioni di sorta, ma preferivano darsi all’etologia cercando di dare un senso al nostro comportamento apparentemente così anomalo.

Dopo ore di osservazione il responso è stato “questo è il campo più strano che abbiamo mai fatto”; qualcuno ci ha proprio detto in faccia che non si stava divertendo per niente.

Il giorno successivo è entrata in vigore la ferrea disciplina di un campo militare: mille orari da rispettare senza tempo libero per riposare. Le attività si susseguivano frenetiche, apparentemente prive di contenuto o significato.

Dopo due giorni così anomali era ora di tirare le somme e, avendo provato assenza di regole e imposizioni apparentemente prive di significato, ci siamo organizzati in una specie di assemblea costituente per stabilire quali sarebbero state le nostre regole per i giorni successivi.

Il resto della settimana ci ha visti impegnati in attività e discussioni sulle libertà e regole della società, sulle regole autoimposte e i nostri valori. Avendo visto e vissuto i due estremi, libertà assoluta e assenza di libertà, eravamo pronti a esplorare tutte le sfumature che stavano nel mezzo.

Alberto Cenzato

 


Lascia un segno con i Grupp-issimi

Anche quest’anno in Ottobre/Novembre riprenderanno le attività dei Gruppi Giovanissimi (dalla terza media alla quinta superiore). Ecco un racconto del percorso dello scorso anno di uno dei gruppi. Noi educatori riteniamo che l’esperienza dei gruppi giovanissimi sia un’importantissima opportunità educativa e speriamo che continui a rimanere viva nella nostra comunità nonostante le difficoltà nel trovare educatori disponibili e nel coinvolgere i ragazzi.

Tempero la matita mentre penso a cosa scrivere in questo articolo. Sarebbero tantissime le cose da dire sui ragazzi e sulle attività che facciamo. Più ci penso più mi vengono tante idee e tanti ricordi che si accavallano e che si confondono senza lasciarmi spazio per sistemarli e organizzarli per bene. Ma quello che c’è da dire è importante e serve che mi concentri, cosicché anche a voi che leggete possa arrivare un po’ di quel “segno” straordinario che i ragazzi stanno scoprendo e trasmettendo quest’anno.

Il Gruppo Giovanissimi 1, che si è formato quest’anno con i ragazzi di 3a media e di 1a superiore, riunisce due percorsi. I ragazzi di 1a superiore vengono dall’esperienza del catechismo tradizionale e dopo la cresima hanno cominciato e portato avanti con me per due anni l’esperienza del Gruppo Medie. Intanto ci hanno raggiunto anche i ragazzi di 3a media che, con il percorso di Iniziazione Cristiana, dopo la cresima hanno fatto due anni di Mistagogia insieme a Suor Barbara. Due percorsi diversi che ora continuano assieme ed eccoci approdare a questa nuova avventura da Grupp-issimi!

Riguardo al tema che segna quest’anno preferisco dirvi direttamente cosa stanno facendo i ragazzi.

I ragazzi hanno realizzato un cartellone in cui segniamo le date e i titoli degli incontri di quest’anno. Ci serve per dare continuità al nostro percorso. C’è disegnato un albero con tre grossi rami che rappresentano i sotto-temi del gran filo conduttore che, quest’anno, per noi è LASCIARE UN SEGNO.

Per ognuno di questi sotto-temi i ragazzi hanno scelto dei simboli.

Il primo è un timbro per il primo blocco di incontri in cui abbiamo parlato delle cose che ci segnano e ci restano impresse.

Il secondo è un cartello di obbligo con una matita per esprimere il concetto di lasciare un segno, negli atri e negli ambienti in cui viviamo.

Il terzo è una rosa. Incredibile come i ragazzi abbiano già colto le potenzialità di quest’immagine che ci parla di ciò che lascia un segno nel mondo, della sua importanza e della sua forza e fragilità.

Sempre dai ragazzi è nata l’idea di realizzare concretamente questi simboli. Con l’aiuto di un’esperta abbiamo realizzato dei timbri di cui potete vedere nella foto (vedi a destra) i risultati. Poi per il secondo simbolo abbiamo creato delle mattonelle d’argilla su cui i ragazzi hanno tracciato il loro segno come slancio da trasmettere. Per l’ultimo simbolo nel momento in cui scrivo non è definito niente, ma sicuramente una rosa di argilla non verrebbe proprio niente male.

Quante cose avrei ancora da dirvi. Come ad esempio il desiderio che abbiamo di farci vedere e farci conoscere per dire che in questa parrocchia ci siamo e possiamo anche qui lasciare il nostro segno e far vedere a tutti quanto di bello nelle nostre mani può fiorire. E quanta arte abbiamo da esprimere. I ragazzi hanno già creato un quadro e insieme stiamo costruendo un cartello del Gruppo.

Quante le attività extra gruppo che abbiamo fatto e che stiamo preparando! Tutto sempre nasce dalle idee dei ragazzi. Per ora abbiamo fatto la serata “cucina in patronato” e la serata “film in patronato”. Con i ragazzi di 1a superiore a dicembre siamo andati due giorni in montagna per un campo invernale. E anche lì abbiamo lasciato i nostri segni con cartelloni, disegni, carte da gioco e palle di neve.

Altro è in cantiere come il campo estivo e le uscite primaverili che faremo insieme al gruppo di San Gregorio e Terranegra. E tantissimi altri sono i progetti e le proposte che vengono dai ragazzi e che stiamo cercando di coniugare in questo nostro percorso, dove lasciare un segno non va mai in un solo verso e dove la possibilità di crescere è sempre presente per tutti.

Spero di avervi raccontato l’entusiasmo e la ricchezza che si propagano ad ogni incontro nel nostro Gruppo Giovanissimi 1, con l’augurio che possano diffondersi e rimanere in voi come nostro segno, ora che della mia matita rimane solo qualche truciolo.

Federico Schievano


24° World Scout Jamboree, 2019 West Virginia USA

Il gruppo scout Padova2 della parrocchia San Camillo sbarca in America, destinazione Stati Uniti! L’impresa è affidata a due dei nostri ragazzi appartenenti al reparto Atlas, che avranno l’occasione di partire alla volta del West Virginia come nostri ambasciatori per il 24° World Scout Jamboree che si terrà la prossima estate, dal 22 luglio al 2 agosto 2019.

Qui Giovanni Paparella e Eleonora Schiavon, insieme agli altri partecipanti italiani, oltre 2000, vivranno l’unica e straordinaria esperienza di incontro tra nazioni e culture di tutto il mondo, all’insegna della fraternità anche internazionale che contraddistingue noi scout come recita il quarto punto della Legge AGESCI: “la Guida e lo Scout sono amici di tutti e fratelli di ogni altra Guida e Scout”.

Se fosse necessario spiegare in poche parole cosa sia il Jamboree, cogliendo unicamente una sua designazione pratica, lo si può definire molto brevemente (e barbaramente) come un campo scout mondiale della durata di 12 giorni, generalmente rivolto a ragazzi e ragazze tra i 14 ed i 17 anni, un evento che viene organizzato ogni quattro anni dall’Organizzazione Mondiale del Movimento Scout e ospitato sempre da una nazione diversa.

 

 

Ma com’è evidente a primo intuito, il significato del Jamboree 1 e della possibilità di potervi partecipare è molto, molto di più. L’eccezionalità e grandiosità di questo evento la si riconosce semplicemente dando un’occhiata ai numeri: 45 mila saranno i partecipanti, di cui 35 mila ragazzi, provenienti da ben 165 paesi di tutto il mondo, Italia compresa, che si raduneranno in massa nella grande tenuta della Bsa (Boy Scout of America) “Summit Bechtel Family National Scout Reserve” in West Virginia.

Diverse e numerose sono quindi le nazionalità, religioni, lingue e culture, che si incontreranno per dimostrare che il superamento delle barriere artificiali – costruite dagli uomini – è possibile e che si può costruire un mondo pacifico e accogliente.

1 Il nome Jamboree fu dato da Robert Baden-Powell, fondatore dello scautismo. Pare che il termine indicasse, a quei tempi, un giochetto simile allo shangai, prima di essere accolto da molti vocabolari sotto il significato di “raduno scout”. Ma letteralmente significa “marmellata di ragazzi”, dall’unione delle parole inglesi jam e boy. Baden-Powell gli diede questo nome perché voleva che un giorno tutti gli scouts del mondo si incontrassero in un luogo per fare un campo insieme e quindi una “marmellata” di colori e usanze.

Sulla traccia di questo nobile obiettivo è derivata l’essenza nonché il motto del prossimo Jamboree americano "Unlock a new world", letteralmente “libera un mondo nuovo”, che racchiude in sé lo spirito con il quale si vuole cogliere l’opportunità di cercare e trovare insieme possibili soluzioni per i tanti problemi che «bloccano» il mondo di oggi, e determinare così la ricetta per la scoperta del «nuovo mondo». Ingredienti dell’incontro saranno l’amicizia, la conoscenza delle culture, l’avventura per promuovere la pace, la comprensione reciproca, il rispetto. A tal fine saranno allestite aree e momenti specifici dedicati alle proposte che più sposano il senso originario del Jamboree: la conoscenza reciproca che consente la costruzione di una fratellanza mondiale a partire dalla valorizzazione delle differenze, occasioni specificamente orientate alla mondialità volte a riflettere su come lo scautismo possa intervenire sui problemi del pianeta, sulla sostenibilità, sulla conoscenza reciproca e sullo scambio culturale.

Giovanni ed Eleonora ritorneranno quindi a casa con una visione più ampia del mondo, un rinnovato impegno per lo Scouting e una più profonda comprensione della forza che scaturisce dall’unione degli Scout, capace di sbloccare un nuovo mondo, e ricominciare come membri di una comunità globale in grado di lavorare insieme per ottenere vantaggi reciproci che migliorino la situazione di tutti.

Ai nostri due ambasciatori è affidato dunque il compito di vivere al massimo e con grinta ogni aspetto del Jamboree, assimilarne i valori ed ideali, per poi restituirci, dopo l’evento, questa loro unica esperienza, e raccontarla alla nostra, più piccola, comunità.

Stefano Sbarai, capo del reparto Atlas

 
  

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